Sanità Italiana in crisi: aumenta la spesa privata e i rinunciatari alle cure per motivi economici

Il recente report @GIMBE rivela criticità nel nostro sistema sanitario: +26,8% di spesa out-of-pocket (ben oltre il limite del 15% dell'OMS), servizi inutili e disuguaglianze regionali. È tempo di ripensare il #SSN e garantire a tutti il diritto alla salute!

Sanità Italiana in crisi: aumenta la spesa privata e i rinunciatari alle cure per motivi economici
Photo by Owen Beard / Unsplash

La sanità italiana è spesso dipinta come un fiore all'occhiello del nostro welfare, un diritto costituzionale garantito a tutti. Ma la realtà, come spesso accade, è molto più complessa e, a tratti, inquietante. I dati recenti diffusi dalla Fondazione GIMBE, relativi alla spesa sanitaria privata nel 2023, ci pongono di fronte a un quadro che merita una seria riflessione.

Secondo il report, la spesa "out-of-pocket" delle famiglie italiane ha superato i 40 miliardi di euro nel 2023, con un aumento del 26,8% rispetto al 2012. Un dato che, di per sé, dovrebbe far scattare un campanello d'allarme. Ma il problema non è solo l'entità della spesa, quanto la sua composizione e la sua distribuzione.


Il Report GIMBE

Il report GIMBE mette in luce come una parte consistente di questa spesa (circa il 40%) sia destinata a servizi e prestazioni di basso valore, spesso indotte dal "consumismo sanitario" o da preferenze individuali, come esami diagnostici e visite specialistiche inappropriate. In altre parole, spendiamo tanto, ma non sempre spendiamo bene.

Ma c'è un altro aspetto che emerge con forza: la spesa sanitaria privata è sempre più condizionata dalle difficoltà di accesso al Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Liste d'attesa interminabili, carenza di personale, servizi territoriali insufficienti: tutto ciò spinge i cittadini a rivolgersi al privato, spesso rinunciando a cure necessarie o limitando le spese per la salute.


Un'Italia divisa in due

La fotografia scattata da GIMBE è quella di un'Italia divisa, dove il diritto alla salute è sempre più legato alla capacità economica. Le regioni con migliori performance nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) registrano una spesa pro-capite superiore alla media nazionale, mentre quelle del Mezzogiorno, spesso gravate da piani di rientro, si collocano al di sotto.

E non è tutto. Il report evidenzia come quasi 4,5 milioni di persone abbiano dovuto rinunciare a visite o esami diagnostici nel 2023, di cui 2,5 milioni per motivi economici. Un dato drammatico, che ci ricorda come la crisi economica e le difficoltà del SSN stiano erodendo un pilastro fondamentale del nostro welfare.


Una Sanità integrativa che ..non integra

Di fronte a questa situazione, si invoca spesso il ruolo della sanità integrativa, con fondi sanitari e assicurazioni che dovrebbero compensare le lacune del SSN. Ma il report GIMBE ci mette in guardia: la spesa intermediata attraverso questi canali rimane limitata (solo il 3% della spesa sanitaria totale) e una parte consistente (il 31,6%) viene assorbita dai costi di gestione.

Inoltre, la sanità integrativa rischia di diventare insostenibile se il SSN non è in grado di garantire prestazioni tempestive, spostando sempre più bisogni di salute sui fondi sanitari. In altre parole, rischiamo di creare un sistema a due velocità, dove chi può permetterselo si cura nel privato, mentre chi non ha risorse sufficienti è relegato a un SSN sempre più depauperato.


La necessità di una profonda riforma

La Fondazione GIMBE propone un approccio di sistema articolato in tre azioni: rilancio del finanziamento pubblico, sensibilizzazione dei cittadini per contrastare gli eccessi di medicalizzazione e rimodulazione del perimetro dei LEA. Proposte condivisibili, ma che richiedono un impegno politico e culturale che, ad oggi, sembra mancare.

La verità è che la sanità italiana ha bisogno di una profonda riforma, che metta al centro il diritto alla salute di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro reddito o dalla loro regione di residenza. Una riforma che valorizzi il personale sanitario, che rafforzi i servizi territoriali, che combatta gli sprechi e le inefficienze.

Ma, soprattutto, una riforma che ripensi il ruolo del SSN, non come un'entità da smantellare o da sostituire con modelli privatistici, ma come un bene comune da tutelare e da rafforzare. Perché, come ci ricorda l'articolo 32 della Costituzione, la salute è un diritto, non un privilegio.


Fonti:

Fondazione GIMBE
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