Rapporto Censis 2025: un Paese smarrito, impoverito e impaurito. Perché cresce l’idea che ‘l’uomo forte’ serva più della politica

Il Censis fotografa una realtà inquietante: un italiano su tre considera oggi i modelli autocratici più efficaci delle democrazie: è il prodotto di perdita di potere d’acquisto, insicurezza sociale, inefficienza percepita delle istituzioni e un’Europa incapace di dare risposte rapide.

Rapporto Censis 2025: un Paese smarrito, impoverito e impaurito. Perché cresce l’idea che ‘l’uomo forte’ serva più della politica
59° Rapporto Censis dic-25 - https://www.censis.it/rapporto/rapporto-2025/

Il Rapporto Censis 2025 ha acceso un faro inquietante: un italiano su tre ritiene che i regimi autocratici siano “più adatti a governare le società complesse di oggi”.

59° Rapporto Censis - Censis
Giunto alla 59ª edizione, il Rapporto Censis interpreta i principali processi socio-economici contemporanei.

Un dato che non racconta un improvviso amore per l’autoritarismo, ma il fallimento percepito delle democrazie contemporanee nel proteggere i cittadini in una fase storica di incertezza e vulnerabilità profonda.

Ed è un fenomeno che non riguarda solo l’Italia: l’ultimo Edelman Trust Barometer e i report del Pew Research Center mostrano lo stesso trend in quasi tutte le democrazie avanzate.

2025 Edelman Trust Barometer
The 2025 Edelman Trust Barometer was conducted in October and November 2024, sampling more than 33,000 respondents across 28 countries.
Public Trust in Government: 1958-2025
While trust in government has been low for decades, the current measure is one of the lowest in the nearly seven decades since the question was first asked by the National Election Study, and it is lower than it was last year (22%).

Cosa sta succedendo?


📉 1. La questione irrisolta del potere d’acquisto: la radice economica della sfiducia

Negli ultimi dieci anni, il potere d’acquisto delle famiglie italiane è stato eroso da tre forze convergenti:

  1. inflazione persistente (alimenta la percezione di impoverimento anche quando i salari crescono poco);
  2. stagnazione salariale reale, evidenziata da Eurostat: l’Italia è tra i pochissimi Paesi UE in cui i salari medi reali sono inferiori a quelli dei primi anni 2000;
  3. costo della vita urbano in aumento (affitti +40% medi in molte città europee, energia instabile, servizi essenziali più costosi).

Quando la popolazione fatica a mantenere lo stesso livello di vita, la percezione di immobilità sociale cresce. Il Censis lo definisce “il sentimento del declino”: un’Italia dove “si lavora di più, si guadagna meno e si sente di aver perso controllo sul proprio destino”.

Ed è proprio questa dinamica — dice anche l’Ocse — a generare domanda di soluzioni “forti”, rapide, verticali.


🔐 2. Aumento percepito (e reale) della criminalità: sicurezza come fattore politico primario

Sebbene l’Italia resti un Paese relativamente sicuro rispetto alla media europea, la percezione di insicurezza cresce. Per tre motivi:

  • microcriminalità urbana e degrado (temi amplificati dai media);
  • insicurezza digitale (truffe, furti di identità, frodi bancarie: per molti equivalgono a “criminalità”);
  • insicurezza economica, che sociologi come Bauman definivano “criminalità del tempo presente”: la paura di “non farcela” è interpretata come assenza dello Stato.

E qui si innesta un punto decisivo:
la sicurezza non è più vista come un diritto garantito dallo Stato, ma come una dimostrazione della sua incapacità.

Un terreno fertile per chi propone modelli di governo più rapidi, meno negoziali, più “muscolari”.


🏛️ 3. Disaffezione verso la politica: il vuoto di Bruxelles e dei governi nazionali

Il dato più drammatico non è quello sugli autocrati.
È un altro: quasi il 70% degli italiani non crede più che la politica possa risolvere i problemi del Paese.

Il Censis parla apertamente di:

  • "classe politica percepita come irrilevante",
  • "istituzioni che parlano una lingua distante",
  • "sovrastrutture europee senza impatto sulla vita reale".

Bruxelles è percepita come:

  • troppo lenta nel reagire alle crisi (energetica, migratoria, industriale);
  • troppo complessa nel decidere;
  • troppo moralistica nel comunicare.

I governi nazionali, invece, sembrano costretti in un limbo: senza risorse, senza margini di manovra, senza visione.

E in questo vuoto cresce un sentimento pericoloso: la democrazia non è più vista come la soluzione, ma come l’ostacolo.


🧨 4. Autocrazia come “scorciatoia psicologica”: non un modello politico, ma una fuga dall’incertezza

I dati Censis rivelano che l’ammirazione per i modelli autocratici non nasce da ideologia, ma da frustrazione.

L’autocrazia appare come:

  • più veloce (decide in tempi immediati);
  • più efficiente (non subisce veti incrociati);
  • più protettiva (o almeno così viene percepita).

Un’illusione semplificatrice, ma potente.
In un mondo che cambia troppo in fretta — AI, guerre commerciali, crisi geopolitiche, migrazioni, automazione — l’essere umano cerca prevedibilità.

La politica democratica offre dibattito.
Il modello autocratico promette ordine.

E oggi molti cittadini sembrano preferire la sicurezza percepita alla complessità democratica.


🧭 5. Il nodo irrisolto: chi governa il futuro?

Democrazie e istituzioni europee sono chiamate a correggere tre fragilità strutturali:

1. Restituire potere d’acquisto reale

Non con bonus temporanei o misure spot: con politiche industriali, salari, produttività, innovazione.

2. Garantire sicurezza reale e percepita

Sicurezza urbana, digitale, sanitaria, energetica.

3. Tornare a parlare il linguaggio delle persone

Non tecnocrazia, non esoterismi burocratici: visione, pragmatismo, empatia.

Se non lo faranno, la tentazione autoritaria crescerà. Non per amore del potere, ma per mancanza di alternative.

Non è un allarme politico: è una diagnosi sociologica, storica, e profondamente europea.


🧩 Conclusione

L’ammirazione crescente verso i sistemi autocratici non è un voto contro la democrazia.
È un voto contro questa democrazia: lenta, complessa, inefficace, incapace di accompagnare i cittadini dentro un mondo che cambia troppo in fretta.

Ricordarlo non significa giustificare la deriva, ma comprendere la radice del problema.

La democrazia sopravvive solo se produce risultati, non solo procedure.
E l’Europa — Italia inclusa — è arrivata a un bivio:
o ritrova la capacità di decidere,
o saranno sempre più in molti a guardare altrove.

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