Italia e il Reddito Reale Pro Capite: peggio dello 0-5 dell'Inter a Monaco..

📉 Italia: il peggior calo del reddito reale pro capite nel G7! Tra tasse, contributi e salari stagnanti, il nostro Paese perde terreno rispetto a Francia 🇫🇷 e Germania 🇩🇪. Serve un mix di politiche per rilanciare produttività, mercato del lavoro e welfare.

Italia e il Reddito Reale Pro Capite: peggio dello 0-5 dell'Inter a Monaco..
Photo by irfan hakim / Unsplash

Se c’è una cosa che l’Italia sa fare bene, oltre a cucinare la pasta al dente, è collezionare primati poco invidiabili. L’ultimo, in ordine di tempo, riguarda la riduzione del reddito reale pro capite: una performance così drammatica che persino le tragedie greche sembrano commedie leggere al confronto.

Il quadro: Italia, fanalino di coda nel G7

Nel 2024, secondo l’OCSE, l’Italia ha registrato il peggior calo del reddito reale pro capite tra i Paesi del G7, con un -0,6% nell’ultimo trimestre, mentre la media OCSE saliva dello 0,5%. In altre parole: mentre il resto del mondo sviluppato riusciva almeno a galleggiare, noi abbiamo scelto con orgoglio la via del tuffo carpiato verso il basso.

Non è tutto: se si guarda all’intero anno, la crescita del reddito reale pro capite italiano si ferma a un modesto +1,1%, ben al di sotto della media OCSE (+1,8%) e dietro a tutti i partner del G7. Il Regno Unito guida la classifica con un balzo del 2,9%, seguito da Francia (+2,1%), Canada (+1,7%), Stati Uniti (+1,6%) e persino la Germania (+1,2%), nonostante le sue note difficoltà.

Ma perché l’Italia va così male?

A differenza di quanto si potrebbe pensare, il problema non è (solo) il PIL: nel periodo considerato, il PIL reale pro capite italiano è cresciuto dello 0,1%, ma ciò non è bastato a sostenere i redditi delle famiglie. Le cause principali sono due:

  • Diminuzione del reddito netto da proprietà: meno entrate da affitti, interessi e dividendi. Insomma, anche chi sperava di vivere di rendita ha dovuto rivedere i propri piani.
  • Aumento dei contributi sociali: le famiglie hanno dovuto versare più soldi al sistema previdenziale e assistenziale, senza però vedere grandi ritorni in termini di benessere.

Il risultato? Un Paese in cui l’economia tiene, ma le persone no.

Il confronto europeo: una distanza che si allarga

Se allarghiamo lo sguardo all’Europa, la situazione non migliora. Secondo Eurostat, il reddito reale disponibile delle famiglie italiane nel 2023 era oltre sei punti percentuali sotto il livello del 2008, mentre la media UE è salita nello stesso periodo. Dal 2008 al 2024, il reddito pro capite italiano ha perso in termini reali circa 1.400 euro.

Nel 1995 eravamo praticamente alla pari con la Francia; oggi il divario è del 20% e addirittura del 30% rispetto alla Germania. Un gap che, come il famoso spread, ormai fa parte del paesaggio.

Salari e costo del lavoro: la doppia beffa

A peggiorare il quadro, ci si mette anche il salario medio. L’Italia, con circa 32.500 euro annui, è sotto la media UE, ben lontana dai livelli di Lussemburgo, Danimarca o Germania, dove si superano i 50.000 euro. Anche aggiustando per il potere d’acquisto, il divario resta evidente.

Il costo del lavoro, poi, è un altro nodo: in Italia un’ora di lavoro vale mediamente 30,9 euro, sotto la media europea (33,5 euro). Eppure, nonostante il costo relativamente contenuto, la crescita dei salari è modesta e spesso erosa dall’inflazione e dall’aumento dei contributi sociali.

Come si esce da questo pantano? Le ricette per invertire la rotta

Non tutto è perduto, ma serve un cambio di passo deciso e a tutto tondo:

  • Stimolare produttività e innovazione: investire in tecnologia, ricerca e formazione per far crescere la qualità e la quantità del lavoro.
  • Ridurre il cuneo fiscale: alleggerire la pressione fiscale sul lavoro per aumentare il reddito netto delle famiglie senza penalizzare le imprese.
  • Riformare il mercato del lavoro: più stabilità, meritocrazia e sviluppo delle competenze per trattenere i talenti e migliorare i salari.
  • Rendere il fisco più equo e combattere l’evasione: tassare meglio le rendite e le grandi ricchezze per finanziare politiche sociali efficaci.
  • Investire in infrastrutture, istruzione e welfare: migliorare la qualità della vita e creare un ambiente favorevole alla crescita inclusiva.
  • Garantire stabilità politica e coordinamento europeo: perché senza un governo stabile e una collaborazione efficace con Francia, Germania e altri partner, sarà difficile fare passi avanti.

Conclusione: è una sfida sociale e politica.

L’Italia si conferma dunque maestra nell’arte del “vorrei ma non posso”: una delle economie più industrializzate del mondo, ma con cittadini sempre più poveri. Mentre altri Paesi riescono a sostenere i redditi delle famiglie con politiche redistributive o con una crescita dei salari, noi sembriamo specializzati nel mantenere le distanze… dai migliori.
Per ora, possiamo consolarci con una certezza: almeno la pizza non ce la toglie nessuno. Ma per il resto, serve un cambio di scena rapido e deciso.

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