Il peso insostenibile dell’1% più ricco del mondo: quando il privilegio diventa una condanna (per tutti)

🎯 L’1% più ricco possiede più di quanto servirebbe a sconfiggere la povertà globale. Ma preferisce accumulare, non condividere. 💸 33.900 miliardi di dollari accaparrati. 📉 Aiuti allo sviluppo in calo. 🧠 Potere senza responsabilità. ❤️ La vera ricchezza? Quella che si dona.

Il peso insostenibile dell’1% più ricco del mondo: quando il privilegio diventa una condanna (per tutti)
Photo by Nathan Dumlao / Unsplash

Immaginate un tavolo. Uno solo. Al centro c’è una torta gigantesca, scintillante, profumata, multistrato. Intorno al tavolo, milioni di persone. Ma solo una – una sola – ha in mano il coltello. E non solo si prende la fetta più grossa: si prende tutta la torta. Cosa resta? Solo le briciole, e neanche le più fragranti. Questo, in fondo, è il banchetto della disuguaglianza globale.

In un mondo che genera ricchezza a ritmi da capogiro, l’1% della popolazione – i soliti noti, quelli con il jet privato e l’account offshore – ha accumulato, negli ultimi dieci anni, oltre 33.900 miliardi di dollari. Fermiamoci un attimo. Trentatré mila nove cento miliardi.

L′1% più ricco accumula più soldi di quelli necessari per eliminare la povertà
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L’allarme di Oxfam: “Dal 2020, l’1% della popolazione, rappresentato dai ricchi, ha accumulato quasi i due terzi di tutta la nuova ricchezza mondiale.

Potresti costruire dieci città lunari, finanziare l’educazione gratuita globale per un secolo o... semplicemente garantire a chi vive sotto la soglia della povertà 8,30 dollari al giorno, sollevando milioni di persone da un’esistenza fatta di fame e disperazione.

La logica rovesciata dell’aiuto internazionale

E mentre i numeri della ricchezza esplodono in alto come fuochi d’artificio il 4 luglio, i fondi per la cooperazione internazionale precipitano giù come coriandoli bagnati. Il G7 – sì, quelli eleganti con la cravatta e le strette di mano formali – ha già messo in calendario un taglio del 24% agli aiuti allo sviluppo entro il 2026. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno fatto di meglio: -92% dei fondi a USAid. Uno tsunami sociale per interi Paesi in Asia, Oceania e Africa subsahariana, condannati alla fame e alla vulnerabilità strutturale.

Tutto questo mentre, durante la pandemia, quel famoso 1% si è accaparrato il 63% della nuova ricchezza globale. Praticamente un’apoteosi da buffet: champagne per loro, pane secco per il resto del mondo.

L’ideologia della disuguaglianza: parola ai filosofi

Questa non è solo una questione di conti in banca. Come ci ricorda Thomas Piketty, la disuguaglianza è ideologica e politica. Un sistema architettato con la precisione di un orologio svizzero per preservare privilegi e potere. E attenzione: la narrazione dominante – quella delle "meritocrazie", degli "self-made billionaires", dei "chi ce la fa se lo merita" – è parte del trucco. Un trucco elegante, brillante, ipnotico. Ma pur sempre un trucco.

Noam Chomsky lo dice senza mezzi termini: «La vera concentrazione di potere sta nelle mani dell’un per cento più ricco. Ottengono quello che vogliono, perché in pratica gestiscono tutto loro». Game, set, match.

Il problema è che, se un giorno questo 1% decidesse davvero di redistribuire il potere economico, il loro status quo evaporerebbe più velocemente di una bolla di sapone al sole. E quindi? Meglio conservare tutto. Meglio bruciare ricchezza che condividerla, meglio lasciare interi popoli nella povertà che mettere in discussione i privilegi.

Come ricorda T.M. Scanlon, la disuguaglianza è ingiusta perché viola il principio fondamentale dell’uguale considerazione degli interessi di tutti. Ma chi detiene il potere difficilmente sente il bisogno di rispettarlo. Dopotutto, quando sei al volante di una Rolls-Royce con i vetri oscurati, è facile dimenticarsi di chi fa l’autostop.

Le crepe nel castello dorato

A dire il vero, qualche esempio virtuoso esiste. Keanu Reeves, sì proprio lui – l’uomo meno hollywoodiano di Hollywood – ha donato il 70% dei guadagni del primo Matrix per finanziare la ricerca sulla leucemia. Un gesto che non cambia il mondo, ma ci ricorda che la ricchezza può essere vissuta come un dovere etico, non solo come un trono d’oro. Keanu non sarà il Salvatore, ma è dannatamente più credibile di tanti pseudo-filantropi in giacca e cravatta che si fanno selfie mentre consegnano due scatole di biscotti in Africa.

Il peso insostenibile (e pericoloso)

E qui entra in scena il sempre lucido Zygmunt Bauman, che con la sua “modernità liquida” ci ha regalato una delle immagini più inquietanti del nostro tempo. Il potere, dice Bauman, si è svincolato dalla politica, diventando un’entità autonoma, autoreferenziale, senza alcuna responsabilità.

Nel frattempo, la trasparenza – promessa della democrazia – è diventata un’arma a senso unico: i potenti osservano, i poveri sono osservati. Lo chiamano controllo, noi lo chiamiamo sorveglianza asimmetrica.

Il risultato? Un sistema in cui i ricchi si arricchiscono moltiplicando i profitti a spese dei più deboli, dove la “flessibilità” lavorativa è un lusso per pochi e una trappola per molti. Dove la dignità si erode lentamente, giorno dopo giorno, sotto il peso della precarietà e dell’indifferenza.

Bauman ci mette in guardia: questa non è solo un’ingiustizia. È una bomba a orologeria sociale. Perché quando la forbice si allarga troppo, non c’è ricco che possa dirsi al sicuro.


Conclusione: il sacro, il profano e la nostra umanità

Alla fine, il vero punto non è “quanto hai”, ma cosa ne fai. La ricchezza, in sé, non è il male. È l’uso cieco, egoista, autoreferenziale della ricchezza a diventare tossico. Perché, come ci insegna l’umanità – quella vera – la condivisione non è carità. È giustizia.

E allora sì, continuiamo pure a costruire razzi per Marte. Ma non dimentichiamoci che sulla Terra, milioni di persone non hanno ancora nemmeno l’acqua potabile. Se questo non ci smuove, se questo non ci indigna, forse abbiamo perso più dell’equità: abbiamo perso l’anima.

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